AGLI INIZI DEGLI ANNI ’80 ero un giovane monaco che viveva e praticava al Wat Suan Mokkh, un monastero della foresta nel sud della Thailandia fondato da Ajahn Buddhadāsa, uno dei più grandi studiosi e insegnanti di meditazione thailandesi degli ultimi 50 anni. Ho un profondo apprezzamento nei confronti del lignaggio Theravāda di questo paese, per la sua totale fedeltà agli insegnamenti originali del Buddha, così come ci sono stati tramandati attraverso il Canone pāli.
Mi trovavo a Suan Mokkh da poco tempo e una mattina, mentre facevamo colazione nel refettorio all’aperto, mi sorpresi nel vedere nelle vicinanze, in cima a un piedistallo alto quasi due metri, un busto di Avalokiteshvāra, il dio Mahāyāna della compassione. Mi chiesi cosa ci facesse una divinità Mahāyāna proprio lì, in un monastero Theravāda. Le due tradizioni si sono separate nell’India del nord 2000 anni fa. In quel momento credevo, e mi sbagliavo, che non si fossero mai più parlate, come una coppia astiosa senza figli dopo il divorzio.